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Gita all’artigggianatoinfiera!

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Va bene. Faccio coming out. Sono un fan della Fiera dell’Artigianato.
Nel mondo maschiale equivale a dire che mi piace andare all’Ikea il sabato pomeriggio.
Infatti, la mia passione per l’Artigiano in Fiera mi costa non poche prese in giro da parte dei miei amichetti.
Non sono soggetto ad atti di bullismo violento soltanto perché non ci vado con il trolley.
La fiera si tiene una volta all’anno. Per me è un appuntamento imperdibile.
Mi spacco di cibo e assaggini presi ai vari stand e, praticamente, ci faccio la spesa.
Prodotti tipici, nazionali e non. Riempio lo zaino di roba che consumo durante l’anno.
Compro un casino di cose da mangiare. Alcune le consumo in loco, tipo la birra inglese spillata giusta nella zona UK.
Riesco a sopportare i miliardi di umani che mi circondano, soltanto perché sono distratto dalla mia esplorazione mangereccia. In altre occasioni espanderei il mio cosmo creando uno spazio vuoto attorno a me lanciando via gli umani con la mia energia urlando: WAAHH-TAAHHH
Quindi, sopporto.
Sopporto le spintonate, sopporto il non capire mai da che parte comincia una fila, tollero l’impossibilità tipicamente italiana di condividere lo spazio in maniera educata, sorvolo su quelli che passano davanti, su quelli che si piazzano in mezzo ai corridoi. Trattengo il mio astio verso le ignoranze e mi faccio i cazzi miei in mezzo a loro.
Nel mio girovagare capito nella zona dedicata all’Abruzzo.
La mia attenzione viene attirata da un prodotto in barattolo esposto sul banco.
Ci sono due ragazzi che  l’hanno assaggiato e il tipo dello stand gli ha appena spiegato di che cosa si tratta.
Mi avvicino, guardo il barattolo, leggo l’etichetta.
Ventricina.
Dentro c’è un impasto che dà sul rosa, puntellato dalla presenza di erbe tritate. Mai visto prima. Dal nome, in base alle mie conoscenze culinarie, penso che dovrebbe essere una sorta di salume ottenuto con le parti meno nobili del maiale. Ma non si sa mai.
Chiedo.
– Lo vuoi assaggiare?
Mi chiede il signore allo stand.
– Sì!
– Te lo spiega lei cos’è…
Dice il boss mentre va a spalmarmi una dose di Ventricina su una fetta di pane.
La mia attenzione si sposta verso i due ragazzi. La tipa stava anche prendendo appunti sul prodotto.
– Che cos’è?
Chiedo gentile.
– E’ buonissimo!
Risponde la tipa. Meno di trent’anni, un po’ Geordie e un po’ Shore.
– Lo puoi usare per l’aperitivo.
– Sì, occhei. Ma che cos’è?
– Anche nella pasta! E’ buonissimo, davvero!
– Ho capito, ma che cos’è?
A questo punto interviene il suo Lui. Deve essere quello che si occupa delle cose più complicate e complesse a livello di coppia. Un problem solver. Infatti, risolutivo, mi dice:
– Ventricina.
Purtroppo, a quel punto, la mia pazienza è finita. Sibilo:
– So leggere. Volevo sapere di che cosa è fatto.
– Maiale!
È tornato il tipo dello stand. Mi porge l’assaggio.
I due scienziati ne approfittano per salutare e andarsene. Dicono che passeranno dopo.
Io assaggio. L’aglio copre ogni sapore. Non sono contrario all’aglio, ma in dosi massicce uccide tutto. Avverto la tipica consistenza di cartilagine e un retrogusto ferroso, tipico del quinto quarto.
– Mh! Sono frattaglie, dico bene? Frattaglie e… Muso?…
Dico al banconiere.
– Sì, di maiale.
Risponde lui.
Dodici euro. Troppi per delle frattaglie impastate con una tonnellata di aglio.
Poi, magari, la Ventricina “vera”, quella non presa a Milano alla Fiera, ma direttamente sul posto, è la cosa più buona del mondo. Visto il prezzo, questa la lascio qui.
Saluto e passo ad altro.
Mi sento un po’ in colpa per essere stato scortese con i due ragazzi di prima, del resto, non è colpa loro se non sono in grado di dirti che cosa hanno appena assaggiato. Non è colpa loro se non sono in grado di capire una domanda e dare una risposta.
La colpa è mia. Faccio parte di una minoranza.

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